Tutto ha avuto inizio nel 2012 da un piccolo impianto di Minutolo, un vitigno a bacca bianca molto presente soprattutto nell’area della Valle d’Itria, di cui Ostuni è punto nodale, che si allarga fino a ricomprendere gli areali di Cisternino, Martina Franca, Locorotondo, etc. Per decenni confuso con il più noto Fiano, è stato definitivamente registrato nel Catalogo Nazionale delle varietà di vite dal 2011 con il suo nome e da quel momento gode di una sua precisa identità. Poco produttivo, era stato per questo motivo abbandonato: fortunatamente oggi le sue sorti sono in forte ascesa, anche grazie alle sue caratteristiche peculiari. Essendo un vitigno semi aromatico, infatti, conferisce ai vini non solo un bouquet di sentori fruttati e floreali, ma anche una splendida acidità che lo rende perfetto per le calde giornate estive. La nostra prima bottiglia prodotta con quest’uva risale al 2016 ed è ancora oggi un vino molto richiesto dai nostri clienti più affezionati.
Nel 2014, su quello che era stato il paddock dedicato ai cavalli di proprietà, è stato impiantato un vigneto di Ottavianello, realizzando già in campo una suddivisione percentuale come da disciplinare: 85% di Ottavianello, 10% di Susumaniello, 5% di Notardomenico. Di questi tre vitigni, ad oggi il Susumaniello è quello che ha avuto maggiore risalto, grazie al lavoro di alcuni produttori che lo hanno riportato alla ribalta. L’Ottavianello invece, è arrivato in Puglia alla fine del 1800 grazie ad un notabile dell’epoca, il Marchese di Bugnano, il quale viveva ad Ottaviano vicino Napoli, alle pendici del Vesuvio, ma aveva anche una dimora a San Vito dei Normanni, a 15 km da Ostuni. Dopo un viaggio in Provenza decise di portare in Italia le marze del locale Cinsault, vitigno con cui tuttora si realizzano gli uvaggi dei più importanti rosati provenzali: provò ad impiantarlo ad Ottaviano, ma con scarso successo. Prese però da questa cittadina il nome con cui oggi lo conosciamo, ma il suo terroir d’elezione lo trovò in questa porzione della provincia di Brindisi, dove si diffuse in men che non si dica, ricoprendo l’intero areale che va da San Vito dei Normanni, Carovigno, Ostuni, San Michele Salentino, una porzione di Ceglie Messapica, di Latiano e arriva fino alle porte di Brindisi.
Infine, il vigneto della Bianco Ostuni DOC, che abbiamo deciso di realizzare con il 75% di Impigno e il 25% di Francavidda: si tratta di vitigni praticamente sconosciuti che anche noi stiamo imparando a scoprire pian piano, decidendo di mettere in pratica nuovi “esperimenti” nel tempo. L’Impigno pare vantare una lontana parentela con Il Bombino bianco, molto diffuso nella provincia di Foggia, soprattutto nell’area spumantistica di San Severo: vitigno molto minerale e con una buona acidità. Il Francavidda è un vitigno semi aromatico, con una virata di sentori che va verso la frutta tropicale e una nota minerale molto forte che spesso si traduce in idrocarburo. Messi insieme ci danno un vino dall’aria internazionale, davvero differente dai soliti bianchi pugliesi.
A questi vigneti si sono appena aggiunti quattro nuovi impianti realizzati rispettivamente due nel 2022 e altri due nel 2023 con vitigni ancora più rari.
Piccoli scrigni di tesori rari, i nostri vigneti sono circondati da una biodiversità preesistente, fatta di uliveti millenari, alberi di fico, mandorli, macchia mediterranea che cerchiamo di preservare ed implementare, mentre all’interno dei filari, si pratica il sovescio. La vigna di Ottavianello è stata inoltre piantumata a filari alterni con favino, al fine di aumentare le sostanze minerali presenti nel suolo: qui, su un piccolo declivio, abbiamo un terreno a base calcarea ricoperto da uno strato argilloso ricco di minerali come il ferro, perfetto per la coltivazione dell’uva a bacca rossa.
Le vigne del Bianco Ostuni DOC sono invece su un pendio leggermente più elevato, in direzione nord-sud, che scende verso l’Adriatico, distante pochi chilometri: si innestano su un suolo decisamente calcareo, complice il fenomeno del carsismo che caratterizza buona parte della Puglia con grotte naturali scavate dalle acque piovane, pertanto, le radici delle vigne devono scendere in profondità per trovare nutrimento, acqua e sostanze minerali.
Ostuni ha il privilegio di avere due denominazioni di origine che certificano i suoi vini: Ottavianello Ostuni DOC e Bianco Ostuni DOC, entrambe istituite nel 1972 grazie al lavoro dell’agronomo De Laurentiis che, con lungimiranza, intuì il potenziale di questi vitigni rari. In quell’epoca l’areale era interamente ricoperto da vigneti di Ottavianello ed Impigno, ma, purtroppo, all’inizio degli anni ‘80 accadde qualcosa che segnò per decenni la viticoltura locale: il governo iniziò a stanziare fondi a favore della coltivazione degli uliveti e di conseguenza molti agricoltori espiantarono o abbandonarono i vigneti. Rimasero quindi le due denominazioni vuote, senza vino, finché un viticoltore riuscì nuovamente ad imbottigliare, salvando le DOC. Da quel momento è iniziata una lenta ripresa della viticoltura, e il nostro progetto punta a salvare e valorizzare questi vitigni ormai divenuti introvabili, seguendo il disciplinare che prevede un minimo dell’85% di Ottavianello per il rosso e un minimo del 50% di Impigno per il bianco e l’utilizzo del solo acciaio per entrambi i vini.
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